L’importante pronuncia dei Giudici togati sul noto disastro della Thyssen Krupp riveste un importante rilievo per i profili trattati in materia di d.lgs. n. 231/2001.
Infatti, fissa definitivamente alcuni importanti principi: la natura personale della responsabilità “amministrativa” imputabile all’ente collettivo a titolo di deficit organizzativo, quindi, responsabilità propria, diversa ed ulteriore rispetto a quella propriamente penale dell’autore del reato-presupposto.
Poi, la rilevanza del nesso oggettivo di imputabilità dell’ente (“interesse/vantaggio”) rispetto alla tipologia di reati colposi come, appunto, quelli di cui all’art. 25 septies.
Da ultimo, l’identificazione del profitto economico maturato dal soggetto metagiuridico a fronte della commissione del reato colposo.
Ciò nondimeno, a parere di chi scrive, la stessa pronuncia offre almeno due spunti di riflessione aggiuntivi rispetto a quelli finora evidenziati dai primi commentatori.
Il primo riguarda la dichiarata illusorieta’ dell’assunto secondo cui il governo del rischio di reato – in specie colposo – sia incentrato nella conformazione alle (sole) regole legali precostituite.
Rispetto a rischi rari e complessi ciò che riveste un rilievo centrale è invece l’auto-normazione. Che deve attingere anche al sapere extragiuridico, allo sviluppo delle conoscenze ed alla tecnologia al momento disponibili.
Affermazione questa che ritengo impatti sulla “super-valutazione” della tecnica del Risk Assessment, la cui applicazione è frequentemente traslata dal campo propriamente aziendalistico a quello della prevenzione del reato, ove risulta incentrata nel checking della Compliance.
Tale verifica non può risultare esaustiva ai fini della Mappatura ove si limiti a verificare la conformità dell’agire al dettato normativo relativo (ad oggi) ad oltre 200 fattispecie di reato-presupposto. Fattispecie astratte, che non esplicitano le variegate modalità attuative la cui individuazione rispetto all’ente empirico definisce e perimetra lo specifico rischio-reato. Permettendo, altresì, l’approntamento di una concreta ed efficace azione special-preventiva per mezzo del Protocolli comportamentali.
Il secondo passaggio che ritengo meriti di essere evidenziato riguarda la valutazione del deficit di autonomia ed indipendenza del membro dell’OdV, giacchè responsabile aziendale di altre funzioni.
La prevalenza dell’aspetto sostanziale su quello formale in punto di requisiti dell’OdV trova cosi’ ennesima conferma dopo la recente pronuncia della Cass. Pen. sul noto caso Impregilo.
Al di la della compatibilita’ formale del profilo dell’Organismo, situazioni di coincidenza del ruolo di “controllante/controllato” in capo al componente dell’OdV inficiano irrimediabilmente l’effettivita’ del Modello 231 adottato.
Conclusione questa che ravviva la polemica su alcune recenti novellazioni legislative, come quella che ha introdotto la discutibile figura dell’”Organismo sindacale” (art. 6, comma 4 bis, d.lgs. cit.).