Uno dei temi di attuale interesse per gli addetti ai lavori risulta l’adeguamento alla normativa nota come “Pacchetto Anticorruzione” da parte degli Enti previdenziali privati, ossia le Casse nazionali di previdenza categoriali.
Trattasi di enti aventi configurazione giuridica associativa o di fondazione, operanti secondo il diritto privato, di nuova costituzione, ovvero trasformati da pubblici a privati ai sensi del d.lgs. n. 509/1994.
Nonostante la loro natura privatistica, coesistono alcuni caratteri propriamente pubblicistici, come ad es. la soggezione al controllo della Corte dei Conti, la nomina pubblica di componenti degli Organi amministrativi e di controllo, l’esercizio della vigilanza da parte dei Ministeri del Lavoro e di quello dell’Economia, l’applicazione della normativa sugli Appalti pubblici, ecc. Oltre allo svolgimento di un servizio pubblico garantito dall’art. 38 della Costituzione.
Ciò in quanto, la contribuzione obbligatoria di stampo solidaristico, posta a carico degli iscritti, realizza una forma indiretta di erogazione pubblica (orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato). Circostanza che sostanzia la ricorrenza di uno dei requisiti che qualificano l’ente come organismo di diritto pubblico, ex art. 1, par. 9, dir 2004/18/CE. Tant’é che l’ISTAT ha incluso gli Enti previdenziali tra le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato ai fini dell’applicazione delle norme di finanza pubblica..
Tuttavia tale interpretazione non risulta unanimemente condivisa. Infatti, taluni eccepiscono che le Casse non sono destinatarie di alcun finanziamento o contribuzione pubblica e che i contributi versati dagli iscritti, costituendo delle forme di accantonamento obbligatorio di parte del reddito professionale, rivestano natura retributiva e privatistica (orientamento di alcuni TAR).
La coesistenza, talora inconciliabile, di tratti privatistici e pubblicistici rende, in ogni caso, complicata l’elaborazione del Modello di organizzazione, gestione e controllo con finalità penal-preventiva ai sensi e per gli effetti del d.lgs. n. 231/2001. Infetti, non risulta impresa agevole la conciliazione, specie in un’ottica funzionale del Modello, di alcuni aspetti disomogenei: a titolo indicativo, si pensi alla Mappatura del rischio-reati, relativamente all’art. 25 ter, Reati societari, le cui fattispecie previste dagli artt. 2621 e ss c.c. presuppongono la natura di società di capitali dell’ente.
Ancora, ai fini della mappatura dei reati nei confronti della P.A. , risulta determinante la riconoscibilità o meno delle qualifiche di “pubblico ufficiale2 o di “incaricato di pubblico servizio” in capo agli esponenti aziendali della cassa, onde rilevare la potenzialità commissiva della concussione o di fattispecie corruttive.
O ancora, si pensi alla difficoltà di elaborazione del Codice etico e dei Protocolli comportamentali in cui realizzare il coordinamento, contenutistico e funzionale, con i molteplici e distinti atti e documenti di normazione interna ed esterna, come regolamenti e procedure definite dalle Authorities pubbliche, vincoli pubblicistici in tema contabile, bilancistico, di reporting e rendicontazione, norme di natura speciale in deroga alle prescrizioni del diritto comune, ecc.
A ciò si aggiunga che l’Autorità Anticorruzione (A.N.A.C.) nelle recenti Linee Guida (Determinazione n. 8 del 17 giugno 2015), ha ritenuto tali enti riconducibili alla categoria degli “Organismi privatistici solo partecipati da soggetti pubblici”. Per l’effetto, assoggettandoli ad alcune prescrizioni della legge n. 190/2012, nonché al disposto dell’art. 1, commi da 15 a 32 della stessa in materia di Trasparenza amministrativa.
Obblighi di natura organizzativa, operativa, informativa e di controllo limitati rispetto a quelli diversamente imposti agli Organismi di diritto privato soggetti al controllo ex art. 2359 c.c. da parte di soggetti propriamente pubblici, come individuati dall’art. 1, d.lgs. n. 165/2001.
Ciò nondimeno, le Linee Guida ANAC attribuiscono alle Amministrazioni pubbliche esercenti la vigilanza e la partecipazione negli Enti di previdenza professionale il compito di sollecitarli all’adozione dei Modelli 231, da coordinare con l’adozione di semplificati presidi e strumenti di prevenzione dei fenomeni di maladministration. Trattasi di interventi di Risk Assessment e di Risk Management volti non solo a prevenire la verificazione dei reati corruttivi ex d.lgs. n. 231, ma anche di eventi e fenomeni non aventi rilevanza penale, ma sintomatici di una cattiva amministrazione.
Conseguentemente, le Casse previdenziali private si trovano a “dover” adottare il Modello penal-preventivo ex d.lgs. n. 231 – del quale alcune di esse risultano ancora sprovviste -, peraltro dovendolo integrare (ovvero coordinare mediante l’elaborazione di documento a latere) con semplificati Protocolli anti-corruzione (sebbene non sostanzianti il Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione) ex legge n. 190/2012.
Operazione resa difficile dalla non corrispondenza, nè simmetria tra ratio, finalità e contenuti rispettivamente del d.lgs. n. 231/2001 e della legge n. 190/2012.
A ciò si aggiunga che nonostante la limitata applicazione della normativa Anticorruzione alle Casse private – come dichiarato dalle Linee Guida ANAC – l’associazione di categoria ADEPP ha assunto determinazioni di altro tenore.
Ha emanato un proprio Codice di comportamento in chiave Anticorruzione e Trasparenza, nonché Linee Guida per i propri Associati – sebbene non fossero obbligati in tal senso dalla legge 190 cit. – che adottano volontariamente misure organizzative, informative e di controllo proprio in direzione della prevenzione della corruzione e per la trasparenza amministrativa.
Ne risulta un duplice input operato, indirettamente, dall’ANAC e, direttamente, dall’ADEPP nel senso della doverosità (ovvero dell’opportunità) dell’adozione dei presidi Anticorruzione (anche) da parte degli Enti di previdenza professionale, da coordinare con gli “obbligatori” Modelli 231.
Input rispetto al quale, per i motivi qui sintetizzati, va attualmente registrata una sorta di ritrosia e di non accondiscendenza da parte degli enti associati.